I Cenci

26 maggio 2019, ore 20:30
Sala Teatro LAC, Lugano

 

Giorgio Battistelli (1953)

I Cenci (1997)
per orchestra, elettronica e 4 attori

 

Teatro di musica da Antonin Artaud
Musica e libretto di Giorgio Battistelli 

mise en espace Carmelo Rifici

Conte Cenci Roberto Latini
Beatrice Elena Rivoltini
Lucrezia Anahì Traversi
Orsino Michele Rezzonico
performer Marta Ciappina

regia del suono Fabrizio Rosso
live-electronics e diffusione Alberto Barberis, Nadir Vassena

 

Ensemble900

direzione Francesco Bossaglia

 

in coproduzione con LuganoInScena 

Il concerto è trasmesso dalla RSI in diretta radiofonica su Rete Due e in videostreaming

 

Ensemble900 del Conservatorio della Svizzera italiana 

flauto Eva Martínez Saavedra clarinetti Joel Alves Cardoso, Marta Sánchez González clarinetto basso Jonas Morkunas tromba Giuliano Molino trombone Francesco Parini tuba Federico Moscarola percussioni Paolo Fratello, Tommaso Tola sintetizzatore Marta Puig Gomez viole Lisa Bulfon, Chiara Ludovisi violoncelli Lorenzo Guida, Meli Yamashita contrabbassi Zachary Iscoff, Erez Meyuhas pianista accompagnatore Lorenzo Grossi

[…] La tragedia di Artaud Les Cenci è stata recitata al Théâtre des Folies – Wagram a Parigi con la sua regia e con lui stesso nella parte del protagonista, con la musica di Roger Désormière e le scene e i costumi di Balthus nel maggio 1935 (ha avuto diciassette rappresentazioni con una risonanza non trascurabile).

La mia opera è una riscrittura, condensata e adattata al molteplice teatro musicale, che si avvale di protagonisti – attori, di un gruppo strumentale, ma anche di immagini proiettate e di elettronica dal vivo. Il mio spettacolo è incentrato attorno al sinistro personaggio del ricchissimo e perverso tiranno Francesco Cenci, divenuto per Artaud un personaggio esemplare
che preannuncia aspetti essenziali del suo futuro “teatro della crudeltà”.

[…] In questo lavoro rinuncio totalmente alla voce cantata per riavvicinarmi precisamente alla concezione di Artaud del “teatro e il suo doppio”, del “teatro della crudeltà” in quanto “linguaggio nello spazio, linguaggi di suoni, di grida, di luci, di onomatopee”.

Le scene molto concise che si susseguono senza interruzione sono momenti sinfonici individualizzati carichi di tensione espressiva e contagiosa. Sono delle “stazioni” – ritratti, incontri, situazioni – un po’ secondo il modello espressionista, che creano un carattere, un personaggio, un sentimento, un’atmosfera, portando inesorabilmente verso il tragico epilogo.

“Scaturisce in questo palazzo qualcosa di cui il padre Cenci è l’anima e l’esito”, scriveva Artaud nelle sue note. Tutte le emissioni vocali – dal sussurro alla declamazione, dal parlato al grido, dai suoni-rumori gutturali alle risa e ai pianti – partecipano, a fianco delle parti strumentali molto flessibili, divenute oscillogrammi delle emozioni, a questo teatro di musica che rinuncia a ogni vocalità operistica. Le scene sinfoniche creano per mezzo dell’orchestra e della voce parlata, atmosfere invadenti e inquietanti che fanno risuonare in ciascuno le corde oscure della psiche.

Giorgio Battistelli

Appena aperta la partitura de I Cenci ho avuto la sensazione di essere davanti ad un lavoro speciale; tra le parole e le note di quelle pagine c’era qualcosa di misterioso, di cupo e affascinante insieme. Una vicenda in cui il carnefice si proclama vittima e le vittime diventano carnefici (“strane confusioni di male e di bene” dice Beatrice nell’ottava scena), il copione
di Artaud ridotto ad uno scheletro stilizzato i cui vuoti si riempiono del suono di personaggi invisibili, tre strati di narrazione che si intrecciano continuamente, parole, musica e suoni elettronici, sono le cose che mi hanno immediatamente colpito.

Scorrendo la partitura ho avuto la sensazione che il compositore mi stesse raccontando come lui si fosse immaginato lo spettacolo del 1935. Nelle note di regia Artaud dice di voler mettere lo spettatore “al centro di una rete di vibrazioni sonore” e questo è proprio quello che fa Battistelli con il suo “teatro di musica”: l’utilizzo dell’elettronica permette ai suoni non solo di avvolgere lo spettatore, ma di muoversi attorno ad esso.

Il direttore d’orchestra, come una sorta di burattinaio, agita le forze di questo spettacolo: segue ed anticipa gli attori, pensando e respirando con loro, libera le note dei musicisti lanciandole come colore su un’enorme tela sonora, scandisce l’apparizione dei suoni elettronici ed il loro movimento nello spazio. Senza produrre alcun suono, in silenzio, conduce lo spettacolo, come uno dei suoi personaggi invisibili, muto, proprio come gli assassini del Conte Cenci.

Francesco Bossaglia